Un dilemma La politica italiana si trova di fronte ad un dilemma. Renzi ha promosso un principio sano di responsabilità e di cambiamento, il che non significa che la riforma elettorale e quella costituzionale suggerite dal suo governo, siano valide. Altrettanto, coloro che si oppongono alla proposta di Renzi, possono avere ragione nel merito, ma rischiano di attestarsi su una posizione meramente conservatrice. Una classe politica che decide di prendersi le sue responsabilità fino in fondo, limitando i suoi costi e riducendo gli sprechi, comporta un cambiamento profondo. La domanda che accompagna processi tanto vorticosi e se essi non servano a delle logiche di potere per cui tutto si interrompe appena raggiunto il ponte di comando. Si può dire invece con sicurezza che la legge elettorale, così come si presenta, più che cambiare, ingessi il sistema. L’instabilità politica vissuta nell’ultimo decennio è stata accompagnata da un sistema elettorale maggioritario. Per quale motivo, rafforzando il maggioritario, dovremmo trovare quella stabilità che non c’è stata finora? Chi poi è convinto che sia la politica a sovrintendere le leggi elettorale e non l’inverso, si chiede come sia possibile che non ci si accorga che l’attuale governo Renzi ha scomposto quei poli che la nuova legge elettorale vorrebbe ricostruire. In futuro le formazioni che oggi collaborano al governo, dovrebbero allearsi con quelle dell’opposizione con cui litigano. Un mondo rovesciato da capo a piedi. Se il governo Renzi funziona, perchè imporre una legge elettorale che lo smobiliti? I governi usciti direttamente dalle urne, non hanno fatto molta strada e non perché non disponessero di una qualche solida maggioranza parlamentare, ma perché la coalizione utile a vincere le elezioni perdeva i pezzi per strada. Così come si è disfatto ieri il Pdl, domani potrebbe disfarsi anche il Pd. Non è mai tardi per ridiscutere della confusione politica creata dal maggioritario e dalle sue ridicole promesse. Renzi sembra convinto che basti un voto in più per governare il paese. Per l’Inghilterra è vero, mai per l’Italia. Anche la riforma costituzionale così come concepita, comporta dei problemi evidenti. Essa ricalca interamente quella approntata dal ministro del governo Berlusconi, Roberto Calderoli, nel 2005 e poi bocciata da un referendum popolare. Come allora, insigni intellettuali vi si oppongono denunciando un disegno autoritario. Notiamo solo che se la libera opinione pubblica, fra cui alcuni di quegli intellettuali, hanno sostenuto che serve al Paese una maggiore stabilità in luogo della rappresentanza, non ci si può opporre all’ eliminazione del bicameralismo perfetto e tantomeno preoccuparsi di evitare il conflitto permanente Governo- Regioni introdotto dalla riforma Amato del titolo V. Nella storia della democrazia si può avere il governo forte o la società forte, raramente entrambi. Comunque la dittatura si è verificata più facilmente con governi deboli. L’Inghilterra che ha sempre avuto governi forti, è un regime perfettamente democratico a meno che non la si pensi come Rousseau, ovvero, che gli inglesi siano liberi solo nel momento in cui votano e mai un momento dopo. In ogni caso materie di questo genere meriterebbero un tempo di riflessione più ampio di quello previsto e uno di attuazione ancora più lungo. Per questo è facile pensare che si sia solo alla vigilia di una kermesse elettorale dove Renzi si presenta come il principale, se non l’unico, protagonista. Roma, 1 aprile 2014 |